Il moralista cristiano non può accontentarsi di proporre solo una morale umana o del minimo. Deve invitare a una morale del “più”, dell’inedito escatologico che permetta al pastore, al quale compete applicare il lavoro del moralista, di essere attento all’opera di Dio in ciascuno e discernere, quindi, la chiamata divina a una autentica intimità filiale, non esitando ad appoggiare e a consolidare la norma del superamento.

Di conseguenza, il pastore, al quale compete applicare il lavoro del moralista, deve essere attento all'opera di Dio in ciascuno, discernere la chiamata divina alla più grande intimità filiale e non esitare ad appoggiare e a consolidare l'emergere della norma del superamento, offrendo il suo contributo per favorire le condizioni d'accoglienza di questa chiamata divina.



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