Il titolo di questʼopera fa allusione ad una pericope evangelica (cf. Mt 11, 25-30) assai conosciuta e studiata in modo speciale nel presente libro. Essa indica anche che il peso o il “giogo” della morale cristiana, fondamentalmente legato allʼagire eccellente, si trova come neutralizzato da colui che raccomanda di farsene carico. Questi scritti dispersi qua e là si orientano in definitiva verso un centro: la persona di Cristo, considerata nella sua vita terrena e gloriosa, e anche nella sua presenza sacramentale nel tempo della Chiesa mediante lʼeucaristia.

Lʼagire morale derivante dallʼidentità della persona è commisurato non solamente ad un Cristo che comanda (“prendete il mio giogo”), ma anche ad un Cristo che comanda avendo prima, tramite il suo impegno salvifico a favore dellʼuomo, espresso al massimo nel Getsemani e poi sul Golgota, trasformato il credente nel suo “cuore” (“io sono mite e umile di cuore” Mt 11, 29), dotandolo così, secondo la bellissima espressione di Benedetto XVI applicata al “Buon Samaritano”, di un “cuore che vede”.

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